Youngtimers Alfa Romeo 156: un vero “Biscione”
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Quasi 700.000 unità vendute sono un bel biglietto da visita per la 156, una delle Alfa Romeo di maggior successo della storia. E probabilmente qualcuno di voi l’avrà guidata e se la ricorderà non senza un pizzico di nostalgia…

Presentata nel 1997, convince pubblico e critica e si aggiudica anche il premio “Auto dell’anno” nel 1998. Non che questo premio dato da markettari conti qualcosa perché la 156 sarebbe stata bella e interessante anche senza essere premiata da quei quattro scappati di casa di giornalisti che l’avranno votata sicuramente dopo essere stati invitati e portati a spasso per l’Europa (a quei tempi i PR delle case automobilistiche avevano anche i soldi da spendere) in alberghi a 5 stelle e ristoranti stellati. Fatta questa doverosa premessa, torniamo alla nostra 156.

Alfa Romeo e la trazione anteriore

L’auto nasce a trazione posteriore, ma fin dagli inizi, l’ipotesi della trazione anteriore, affascina i progettisti. L'idea si affaccia in Alfa Romeo nel primo dopoguerra. Satta Puliga e Busso sono convinti delle potenzialità di questa soluzione, e avviano un programma di sviluppo che punta a fare della 1900 la prima trazione anteriore della Casa. L’azienda decide però di andare in un’altra direzione: All’inizio degli anni ‘50 si inizia a pensare a una “vetturetta” Alfa Romeo, la “V”, una trazione anteriore per cui vengono studiati diversi tipi di motorizzazione.

Nessuno di questi progetti arriverà però all’industrializzazione, ma la decisione è solo rimandata. Alfa Romeo vuole allargare la gamma con un modello al di sotto della Giulietta: una compatta “tutto avanti” in grado di far decollare i volumi.

A seguire il nuovo progetto l’azienda richiama Rudolf Hruska, il “padre” delle Giuliette al quale Alfa Romeo affida una doppia responsabilità: disegnare contemporaneamente la nuova vettura e lo stabilimento in cui deve essere costruita. Così nasce l’Alfasud, la prima trazione anteriore Alfa Romeo.

Alfasud nasce, quindi, “da foglio bianco” e “da prato verde”: è uno dei non frequenti casi in cui una fabbrica di automobili viene progettata e costruita per produrre uno specifico modello. La vettura non ha vincoli tecnici da rispettare, se non essere fedele ai suoi obiettivi di prodotto.

“Era scontato che fosse a trazione anteriore. E doveva essere un’utilitaria di lusso, una vettura a 5 posti con bagagliaio molto capiente”. Così Hruska descrive il progetto qualche anno dopo.

Il motore 1.2 litri “boxer” (a cilindri contrapposti) viene preferito al 4 cilindri in linea perché più basso, e più adatto a un profilo aerodinamico. L’inedito body due volumi nasce per migliorare l’accesso al bagagliaio, che raggiunge 400 litri anche grazie alla posizione del serbatoio – collocato sotto il sedile posteriore anziché tra sedile e vano bagagli. Una impostazione innovativa, funzionale e sicura che fa subito scuola.

Tra l’altro Alfasud è la prima commessa importante di Giorgetto Giugiaro e si rivelerà un grande successo commerciale. Per rispettare tutti i vincoli di spazio e dimensione, il giovane stilista inventa la caratteristica “coda alta”, e la collega al frontale aerodinamico con una linea semplice e filante. L’Alfasud entra in produzione nel 1972, l’anno in cui il Biscione supera il milione di unità dalla fondazione. Da sola riuscirà quasi a eguagliare questo record, con 900.925 esemplari prodotti tra il 1972 e il 1984 (senza contare le versioni Sprint). Non a caso diventa l’Alfa Romeo più venduta di sempre.

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Un ritorno alle origini

Per Alfa Romeo, è un ritorno alle origini. Il primo passo per rilanciare le caratteristiche distintive del marchio è far rinascere Alfa Corse, la gloriosa scuderia dove aveva mosso i primi passi anche il giovane Enzo Ferrari. Nel 1993, la 155 GTA partecipa al DTM, il campionato turismo in Germania, e lo vince con Nicola Larini che arriva primo in 11 gare su 20, e riporta Alfa Romeo sul gradino più alto del podio del Nürburgring.

Ancora più importante è il contributo del design. La 164 del 1987, prima ammiraglia a trazione anteriore del Marchio, è firmata da Pininfarina, ma da quel momento in avanti si fa sempre più importante il ruolo del Centro Stile Alfa Romeo.

Ad Arese cambiano le tecnologie, cambiano le persone, cambia il processo. Vengono introdotti nuovi sistemi “computer-assisted” per la progettazione e il prototyping. Il team del Centro Stile viene integrato nelle piattaforme progettuali, e partecipa a tutte le scelte tecnologiche.

 

Disegnare una nuova gamma

Al Centro Stile non viene commissionato un modello soltanto, ma il progetto di una gamma completa. E in pochi anni il sogno si avvera. Nel 1995 Alfa Romeo porta nel segmento “C” una inedita due volumi (la 145), a cui l’anno successivo affianca la versione due volumi e mezzo (la 146). Seguono le sportive GTV e Spider, realizzate in collaborazione con Pininfarina. Ma la vera svolta è con la 156.

Lo stile della 156 è un sorprendente mix di forza, innovazione e classicità. Lo scudo riprende importanza e proietta le sue linee sul cofano. In vista frontale, i parafanghi “cadono sulle ruote” a filo carrozzeria, per comunicare robustezza e aderenza a terra. Il rapporto tra superfici vetrate e metallo è più da coupé che da berlina. Scompaiono le maniglie posteriori, integrate in modo quasi invisibile nella cornice dei finestrini, e la fiancata pulita evidenzia il profilo slanciato e dinamico della vettura. “Sembra che si muova anche quando sta ferma” commenta de’ Silva.

La 156 riprende la ricerca cromatica che già era stata caratteristica di Carabo e Montreal. I designer Alfa Romeo trovano ispirazione nella collezione del Museo, conservata nello stesso edificio di oggi: osservando il colore della 8C 2900 B del 1938 inventano l’azzurro “Nuvola”, ottenuto con una vernice micalizzata a più strati che dà alla vettura riflessi iridescenti.

 

Gran bella sportiva

La 156 è un’auto straordinaria anche dal punto di vista tecnico. Ai progettisti viene chiesto di sviluppare il concetto di “sportività evoluta” combinando potenza, leggerezza e controllo. È da sempre la formula della guida Alfa Romeo.

Per raggiungere questo obiettivo, vengono introdotti nuovi materiali (come il magnesio e gli acciai “tailored blank”), vengono progettati sistemi di sospensioni molto raffinati (come il quadrilatero alto anteriore), viene soprattutto dedicata una cura particolare alla messa a punto meccanica, per esaltare lo handling e la precisione delle traiettorie.

La 156 mette d’accordo tutti: è la berlina più divertente da guidare della sua generazione. E la sua versione sportiva vince ben 13 titoli in 10 anni nei campionati Turismo.

 

La nascita del “common rail”

Al lancio i propulsori sono sei. Il V6 Busso viene affiancato da tre motori “Twin Spark” che per la prima volta combinano la doppia accensione (una tecnologia già utilizzata da Giuseppe Merosi nel 1914) con quattro valvole per cilindro.

Secondo le regole del mercato europeo di allora, l’offerta a benzina prevale; ma queste regole stanno per cambiare. Sarà proprio Alfa Romeo a dare inizio alla rivoluzione: la 156 è la prima auto del mondo a lanciare il “common rail”. E con il “common rail” inizia un’altra gran bella storia…

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