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A parte il discorso ormai trito e ritrito sulle auto elettriche che “inquinerebbero” meno rispetto a quelle endotermiche, sapete quali sono le cose che tutti noi dovremmo sapere e che i media, servi della gleba, non ci vogliono far sapere? Eccole…
Se i crash test estremi delle batterie dimostrano che un’auto elettrica ha una bassa probabilità d’incendiarsi in un incidente è altrettanto vero che un incendio può “tranquillamente” avvenire per difetti alla batteria, ricarica ad alto voltaggio etc. E che ne dite del fatto che qualche settimana fa General Motors ha consigliato ai proprietari della Chevrolet Bolt EV di parcheggiare all’aperto e almeno a 15 metri dalle altre auto? Non vi sembra di tornare indietro di almeno 40 anni quando c’erano le limitazioni per le auto a GPL nei parcheggi? E’ pericoloso quindi parcheggiare nei parcheggi sotterranei una auto elettrica? Pochi ne parlano, ma una cosa è certa: si tratta di un argomento che rischia di ricevere le attenzioni delle autorità solo alla prima tragedia “annunciata”.
Che qualche problemino le auto elettriche l’abbiano e lo procurino è testimoniato anche dai notevoli richiami per problemi alle batterie. Di seguito, ve ne ricordo solo alcuni avvenuti nel corso del 2020 e 2021.
– Chevrolet ha richiamato oltre 62 mila Boltnel 2021, per controllare le batterie a rischio incendio a causa di un difetto di fabbricazione (meno male che Chevrolet è sparita dall’Europa, allora).
– Chrysler ha richiamato oltre 27,500 mila Pacifica PHEV per potenziale rischio d’incendio.
– Ford ha richiamatoin Europa nel 2020, circa 27 mila Kiga plug-in (quelle con la spina), per la sostituzione delle batterie difettose, il rischio d’incendio in ricarica ha comportato anche l’interruzione cautelativa della produzione.
– Hyundai ha richiamato nel 2021 oltre 83 mila veicoli elettrici, prevalentemente Hyundai Kona EV e Ioniq, per problemi al modulo BMS di gestione della batteria.
– Kia ha richiamato oltre 5 mila Niro Hybrid e Plug-in Hybrid prodotte tra il 2016 e il 2017 per il potenziale surriscaldamento di un fusibile elettrico.
– Polestar ha richiamato quasi 5000 Polestar 2 nel 2020 per la sostituzione degli inverter difettosi.
– Audi ha richiamato 540 e-tron nel 2019, poiché un’infiltrazione d’acqua nella batteria avrebbe potuto causare il rischio d’incendio.
E poi tesla, la grande Tesla del mitico Elon Musk: nel 2014 ha aggiunto una protezione in titanio e alluminio, dopo un’indagine NHTSA a seguito di incendi, per prevenire danni alla batteria da urti contro oggetti e detriti. Per le auto prodotte antecedentemente non c’è stato un vero richiamo, ma un “aggiornamento” in occasione dei service o su richiesta dei proprietari. Di recente una Tesla Model 3 è andata a fuoco in un parcheggio sotterraneo in Cina, secondo le perizie, a causa di un danneggiamento del sottoscocca. Questo dimostra che una batteria può ancora danneggiarsi a causa di urti, anche se protetta da piastre e scatole rinforzate, andando a fuoco in pochi secondi e creando un effetto domino facilmente prevedibile.
Insomma, siete ancora intenzionati a comprare una vettura elettrica? Ma andiamo avanti…
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che i richiami delle auto elettriche sono molto meno di quelli fatti per auto endotermiche. E a questi rispondo: quante auto endotermiche sono state vendute negli ultimi - diciamo – 10 anni e quante auto elettriche? Con le giuste proporzioni, quelle elettriche sono messe molto peggio di quelle endotermiche.
Se da un lato i richiami sopra possono sembrare numeri “piccoli” rispetto ai richiami delle auto ICE (con motore a combustione interna), va considerato sempre quante auto elettriche sono state richiamate in rapporto alla loro produzione annuale. L’età media delle auto elettriche e ibride circolanti influenza anche la probabilità d’incendio più bassa rispetto ai veicoli tradizionali, come è emerso da uno studio che relaziona gli incendi e i richiami di auto elettriche, ibride e ICE nel 2021. L’analisi dei dati rilevati dalle autorità USA (National Transportation Safety Board, Bureau of Transportation Statistics e National Highway Traffic Safety Administration), fa emergere che:
– le auto a benzina con 199.533 incendi rilevati, hanno una probabilità d’incendio di quasi 1530 veicoli ogni 100 mila auto vendute;
– le auto ibride con 16.051 incendi, possono prendere fuoco con una probabilità di 3474 auto ogni 100 mila vendute;
– le auto elettriche, secondo le statistiche USA, hanno un rischio di incendiarsi 25 volte ogni 100 mila veicoli venduti, se si considerano i 52 incendi rilevati.
Va’ detto, tuttavia, che le auto ICE (quelle endotermiche) sono in circolazione da molto più tempo, quindi più sono vecchie e maggiore è il rischio che prendano fuoco spontaneamente o in caso d’incidente. Mentre per le auto elettriche si tratta di modelli relativamente giovani, una statistica del genere potrebbe cambiare di molto tra 5-10-15 anni. Questi dati, inoltre, mettono in evidenza come anche le auto ibride costituiscano un problema reale, specialmente quelle plug-in che hanno batterie da circa 10 kWh (400 V).
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Perché (e quando) una batteria prende fuoco?
Le situazioni in cui un’auto elettrica può prendere fuoco sono molto varie rispetto a un’auto tradizionale ICE. Tra le diverse tecnologie costruttive delle batterie, quelle agli ioni di litio hanno una grandissima densità di energia (100-265 Wh/kg, ad esempio 82 kWh e circa 480 kg per la batteria Tesla Model 3 Long Range), assieme ad altri vantaggi sulla resistenza ai cicli di carica e scarica, etc. “Le batterie agli ioni di litio sono straordinarie e il motivo per cui sono straordinarie è perché possono immagazzinare un’enorme quantità di energia in uno spazio molto piccolo. Ma in caso di problemi quell’energia cercherà di uscire” ha dichiarato Paul Christensen, docente all’Università di Newcastle, esperto in tecniche antincendio per veicoli elettrici nonché fondatore di lithiumionsafety.co.uk. Come dire: sono delle bombe a orologeria. E cosa succede se queste batterie sono esposte al sole? C’è una penetrazione nella batteria e semplicemente avviene un corto circuito che… “provoca quello che viene chiamato effetto Joule, che avviene quando l’elettricità che passa all’interno della batteria genera calore che non si riesce a dissipare alla stessa velocità con cui viene generato. A causa del calore esponenziale le reazioni chimiche accelerano, provocando altre reazioni più veloci che portano all’instabilità termica che culmina con l’incendio o l’esplosione”. A tutto questo ambarabaciccicocò c’è un altro problema più grave che in posti al chiuso, come i garage, può solo amplificarsi: “durante un incendio di un veicolo elettrico, vengono generate oltre 100 sostanze chimiche organiche, inclusi alcuni gas incredibilmente tossici come monossido di carbonio e acido cianidrico, entrambi mortali per l’uomo”. Immaginate quindi cosa possa succedere in un parcheggio sotterraneo.
Non bisogna essere dei fenomeni per immaginare che, se un’auto elettrica si trova al chiuso, l’incendio evolve rapidamente coinvolgendo l’intera struttura (o le auto parcheggiate intorno) e verrebbe trattato come un incendio diffuso e non più specifico di un veicolo elettrico. Ma una batteria in fiamme, per le modalità con cui rilascia il calore potrebbe arrivare a compromettere la stabilità della struttura, poiché si svilupperebbero elevate temperature in un punto concentrato. Ecco cosa ho letto (e riportato in questo articolo) su una rivista di settore.
”In un caso registrato, la fiammata erogata dalla valvola di ventilazione di una batteria andò a colpire il pilastro in cemento armato posto a diversi metri di distanza. Sullo stesso furono registrate temperature di 600-700 °C, ma sappiamo che già a 400 °C un pilastro in acciaio non protetto perde buona parte della sua capacità portante, pertanto la stabilità è un fattore di cui tenere conto, specialmente se l’edifico o l’officina sono piccoli. Non dimentichiamoci poi che una batteria in ‘fuga termica’ può arrivare anche a 1000 °C”. Questo mette in evidenza quanto rischioso possa essere un incendio del genere, specie qualora dovesse coinvolgere più auto elettriche posteggiate accanto (per via delle colonnine di ricarica poste vicine l’una all’altra). Un altro aspetto importante è che oggi la RTV – regola tecnica verticale – non contempla in modo diretto gli incendi causati dalle auto elettriche e demanda in toto la responsabilità al progettista del piano di prevenzione incendi della singola struttura”.
- Un’auto elettrica, quando prende fuoco, è estremamente difficile da spegnere, richiede uomini e mezzi specifici, tantissima acqua nonché spazi di manovra piuttosto ampi. In attesa che arrivino i vigili del fuoco – se vicini e adeguatamente attrezzati / formati – cosa potrebbe permettere all’incendio di non propagarsi al resto delle auto e della struttura? Oggi nei parcheggi pubblici il sistema antincendio più diffuso impiega i cosiddetti sprinklers, che in caso d’incendio irrorano acqua dall’alto. Un sistema che non sarebbe efficace a spegnere le auto elettriche, poiché per questo tipo di incendi la priorità è raffreddare la batteria dal basso. In un parcheggio interrato sarebbe molto difficile anche tirare fuori un’auto elettrica ai primi segnali d’incendio, a causa del tetto basso e di spazi di manovra limitati. Un problema difficilmente risolvibile per le strutture esistenti.
Concludo ricordandovi tre cose: infrastrutture (che non ci sono), colonnine di ricarica (che non ci sono), gas e luce (aumentati di brutto). Ah, dimenticavo un ultimo dettaglio: le auto elettriche costano almeno il doppio di quelle endotermiche. Siete ancora convinti che valga la pena acquistare un’auto elettrica? Meditate, gente. Meditate…
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Fabio - 12 Feb 2022
Interessante; almeno essere consapevoli di ciò che si acquista.