Se scrivo che il mondo dell’auto è in mano ai cinesi si offende qualcuno? E se aggiungo che questa storia mi preoccupa un casino?
Premessa: non voglio insegnarvi nulla. Una cosa, però, ve la voglio chiedere: non vi preoccupa il fatto che tutta la componentistica presente nei motori delle auto, negli aerei, negli hard disk, nei missili teleguidati o nelle macchine per la risonanza magnetica mediante i semiconduttori e la loro capacità di memoria sia in mano ai cinesi?
Nell’ultimo G7 hanno recitato un ruolo importante nelle discussioni semiconduttori, terre rare, minerali e batterie, tutti componenti essenziali per le tecnologie moderne. La Cina, evidenziato gli esperti, è l’unica nazione al mondo che controlla tutta la componentistica. Materiali preziosi impiegati nell’elettronica di consumo e nelle energie rinnovabili, materiali situati tra un conduttore e un isolante su cui si istallano circuiti integrati, composti da transitor che consentono il funzionamento di un dispositivo elettronico.
La Cina controlla il 54% della capacità mondiale di estrazione delle terre rare e ben l’84% della loro raffinazione, ma è leader anche nella produzione della grafite.
Il dominio della Cina, inoltre, riguarda anche le miniere del Congo e dello Zambia ed ancora sul cobalto indispensabile nelle turbine a gas, nei propulsori degli aerei e sul litio indispensabile per costruire le batterie per le auto elettriche. Il mondo ha sete e fame di batterie, non solo per smartphone, monopattini e biciclette ma soprattutto per l’auto.
- Secondo alcune stime il fabbisogno mondiale di stoccaggio passerà dai 2 GWh della fine del Novecento ai 2.00 GWh per anno del 2030 ai 30.000 GWh per anno del 2050. La produzione attuale di grafite per batterie è di circa mezzo milione di tonnellate/anno per passare ai 23 milioni di tonnellate nel 2050.
C’erano una volta i chip. L’approvvigionamento dei semiconduttori, i chip per intenderci, hanno penalizzato parecchie Case automobilistiche, costrette ad un blocco forzato degli impianti produttivi. In una vettura ci sono tra i 50 e i 140 microchip e lo stop delle linee di montaggio provoca un impatto negativo indiretto sulla catena dei rifornitori.
Se viene a mancare un chip da 1 dollaro si blocca la vendita di un modello che ne vale all’incirca 40.000. Nel primo lockdown l’industria dell’auto aveva ridotto la produzione e quindi la domanda di semiconduttori, ma contemporaneamente era salita quella di microchip di fascia alta per smartphone, consolle di gioco, computer e workstation grafiche, chip per intelligenza artificiale nei data center. Così quando è ripresa la domanda d’auto, i produttori erano al limite dell’impiego della capacità produttiva per i chip ad alto valore aggiunto, senza capacità disponibile per il settore dell’auto, finito per essere penalizzato.
I problemi delle case automobilistiche. La carenza di semiconduttori si dovrebbe concludere nel secondo semestre di quest’anno. In particolare Toyota, impegnata per la tecnologia di quinta generazione, è stata costretta a revisioni al ribasso dell’output su scala globale.
Ma Toyota si è rilevata accorta perché disponeva di uno stock di microchip che ha garantito una certa autonomia e che le ha fatto riguadagnare l’anno scorso il primo posto come produttore mondiale davanti a VW. Il Gruppo Volkswagen che lamenta problemi nelle fabbriche cinesi di Anting e di Foshan; Honda, costretta a ridurre le stime sulla produzione dei modelli Fit in Giappone e Civic e Accord negli Stati Uniti. Gli stessi problemi hanno affrontato Nissan (costretta a tagliare la produzione del modello ibrido elettrico Note), Mazda, quest’ultima costretta a rivedere al ribasso le stime sui ricavi e con una previsione di una perdita di 43 mila unità, Subaru ed altri marchi.
Dal canto suo General Motors ha lanciato segnali allarmanti limitando la produzione in quattro impianti tra Stati Uniti, Messico, Canada e Corea del Sud per mancanza di chip. Microprocessori che hanno penalizzato anche il Gruppo Volkswagen costretto ad una riduzione di centomila vetture. Ford ha deciso di sospendere per 30 giorni la produzione in Germania e di ridurre i turni per due settimane negli impianti Usa dove assembla i pick-up. Carlo Tavares, Ceo di Stellantis, durante la conference call sui conti 2021 del Gruppo ha detto “… di vedere due ostacoli quest’anno: le materie prime ed i chip”. Anche Luca de Meo, CEO di Renault, ha parlato di “una lotta quotidiana per accaparrarsi i chip”.
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br0221 - 28 Jun 2021
e la loro strategia per il dominio del mondo dobbiamo capirlo prima che sia troppo tardi