Classic FIAT 130 Coupé: sfida alle grandi!
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Con la 130 Coupè, Fiat ufficializza il suo ingresso nel ristretto mondo delle ‘tre litri’, segmento che a quell’epoca era dominio incontrastato di BMW, Mercedes-Benz e Jaguar.

‘Il settore tre litri oggi ci interessa’: con questo slogan pubblicitario la Fiat voleva affermare che l’esperimento fatto con il lancio, due anni prima, nel 1969, della 130 berlina, motorizzata con un motore di 2800 centimetri cubici, giudicato non adeguato per via della potenza di “soli” 140 CV, era una sfida che valeva la pena giocarsi fino in fondo.

Da parecchi anni in Fiat circolava l’idea di sostituire l’ormai datata 2300 con un modello più moderno. Tuttavia non poche furono le difficoltà che questo progetto, nato sotto la sigla X1/3, dovette affrontare prima che fosse realizzato. A cominciare dalle non celate reticenze di Dante Giacosa, uomo di punta della Casa torinese a cui si devono i modelli di maggior successo della Fiat di quel periodo, dalla 124 alla 125 e la successiva 128 nonché l’Autobianchi A112.

 

Questa vettura s’ha da fare

Nonostante i dubbi e le perplessità dei vertici tecnici c’era comunque la volontà di proseguire nel progetto e, a dimostrazione che si volesse fare sul serio, venne affidato all’ingegner Aurelio Lampredi, che proveniva dalla Ferrari, il compito di progettare un motore che fosse all’altezza della prestigiosa ammiraglia. In quel periodo, siamo alla fine degli anni’60, Lampredi stava già lavorando al motore della Fiat Dino che, uscita con un motore ‘due litri’ (86?57 mm) nel 1967, era pronta per un restyling con una motorizzazione di maggior cubatura.

Nel 1969 uscì, infatti, la nuova Dino 2400 (92,5x86 mm) e in contemporanea, nel marzo dello stesso anno, la 130 berlina.

Il motore della 130 si ispirava dunque allo schema di quello della Dino, un 6 cilindri a V con cilindrata portata a 2.866 cc (96x66 mm) e una potenza di 140 CV a 5.600 giri/min incrementata, qualche mese dopo il lancio, a 160 CV per adeguarla alla stazza dell’auto.

In realtà il motore della 130 era simile al motore della Dino solo nell’architettura. Lampredi, infatti, progettò per la 130 un propulsore dalla natura più docile e orientato più al comfort che alle prestazioni.

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Dalla Berlina al Coupé

Il debutto della Fiat 130 Berlina, che iniziò ad essere commercializzata in Italia solo nel giugno del 1969, non suscitò quel riscontro che ci si aspettava.

Si trattava di una berlina con una linea giudicata all’epoca già un po’ sorpassata e con prestazioni non all’altezza delle aspettative. I volumi di vendita, fino alla fine del ’71, furono inferiori alla previsione di produrre 100 esemplari al giorno.

A Torino, in quel periodo, c’era gran fermento ed entusiasmo e fu così che alle tante novità che vennero presentate al Salone di Ginevra del 1971 tra cui la nuova 850 Coupè e la 128 Rally, si aggiunse la Fiat 130 Coupé. La carrozzeria portava la firma inconfondibile di Pininfarina che grazie alla maestria di Paolo Martin seppe confezionare una coupé classica e moderna allo stesso tempo, squadrata e snella contemporaneamente; si trattava senza dubbio di un’automobile dal forte impatto estetico che finalmente poteva competere a buon diritto con le auto leader del segmento.

Anche il motore, criticato nella precedente versione, fu oggetto di sensibili migliorie che andarono a beneficiare le prestazioni e la souplesse di marcia. 

Un motore da 3,2 litri

Partendo dall’impostazione del propulsore originale della berlina si incrementò la cilindrata portandola a 3.235 cc (102x66 mm) arrivando quindi alla potenza di 165 CV a 5.600 giri/min; si trattava dunque di un V6 bialbero con distribuzione a cinghia dentata che azionava i due alberi a camme in testa; l’alimentazione era fornita da un singolo carburatore doppio corpo Weber posizionato tra la V formata dai cilindri.

La politica commerciale della Fiat su questo tipo di automobile prevedeva che nella versione normale fosse montato un cambio automatico a tre rapporti fornito dalla BorgWarner.

A richiesta, e con un risparmio di 200.000 lire sul prezzo di listino, che nel 1971 era di ben 4.950.000 lire, la Fiat 130 Coupè veniva fornita con un cambio meccanico a cinque rapporti della tedesca ZF, di intonazione sportiva e utilizzato anche sulla più sportiva Dino, con la quale la 130 Coupé condivideva anche il differenziale autobloccante e lo schema molto raffinato delle sospensioni posteriori a ruote indipendenti che si accoppiava con un classico avantreno schema Mac Pherson.Ottimo anche l’impianto frenante composto da 4 dischi auto ventilanti con servofreno a depressione e regolatore di frenata sulle ruote posteriori. Lo sterzo era fornito di serie di impianto di servoassistenza idraulica.

La carriera di questa bella vettura terminò alla fine del 1977 totalizzando 4.292 esemplari venduti, di cui 850 con guida a destra. Anche la berlina, che aveva a sua volta beneficiato delle migliorie meccaniche della Coupé, venne tolta dalla produzione qualche mese prima con un totale di 15.000 unità vendute.

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