Classic Lamborghini 400 GT Interim: sfida alla Ferrari
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Quando un certo Ferruccio Lamborghini, costruttore di trattori, decise di entrare nel mondo delle auto sportive proponendosi come alternativa all’altra nota azienda modenese di cui era stato cliente, lo fece con una granturismo di razza.

12 cilindri a V: sotto il cofano della nuova macchina, siamo nel 1962, doveva esserci solo questo tipo di motore per lanciare la sfida a cavallino rampante. Il risultato fu la 350 GTV, una ‘2 posti’ col motore anteriore che dopo essere stata presentata agli addetti ai lavori nella neonata azienda di Sant’Agata Bolognese debuttò al Salone di Torino nell’autunno del 1963.

Il V12 firmato Lamborghini. Nello stand del padiglione di Torino Esposizioni la vettura fu presentata con al fianco il motore completo, nella primitiva versione di 3.464 cc (77 x 62 mm), con lubrificazione a carter secco e potenza dichiarata in 360 CV, corrispondenti a una potenza specifica al top nel panorama delle vetture sportive stradali dell’epoca (i migliori V12 di 3.0 litri della Ferrari 250 GTO arrivavano a circa 100 CV/litro).

Il motore, che aveva le bancate disposte a 60° e distribuzione bialbero comandata da catena, fu progettato dall’ex ingegnere della Ferrari Giotto Bizzarrini.

Era indubbiamente l’elemento cardine della nuova vettura il cui stile, che doveva comunque colpire al cuore gli appassionati, uscì dalla magica matita di Franco Scaglione.

La costruzione del telaio in tubi e della carrozzeria furono affidati all’esterno, rispettivamente all’officina Neri&Bonacini e alla carrozzeria torinese Sargiotto.

Il progetto fu coordinato da due giovani ingegneri, Gian Paolo Dallara e Paolo Stanzani.

La 350 GTV rimase una ‘show car’, un esemplare unico che aveva ottenuto lo scopo per la quale era stata creata in tempi brevissimi: portare alla ribalta e far parlare di sé un nome e un marchio fino ad allora totalmente sconosciuti nel mondo dell’automobilismo.

Dopo quel prototipo, nel 1964, seguì la 350 GT, la prima vera Lamborghini prodotta in serie.

A Sant’Agata le carrozzerie venivano unite al telaio tubolare e al V12 (ulteriormente sviluppato, con la potenza ridotta a 280 CV per aumentare l’affidabilità e la lubrificazione passata a carter umido) per creare un insieme le cui caratteristiche tecniche non temevano confronti, neppure con le Ferrari.

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Una buona insonorizzazione, sospensioni indipendenti su entrambi gli assi, freni a disco Girling sulle quattro ruote, cambio a 5 rapporti + RM della ZF e differenziale Salisbury erano gli altri elementi distintivi di un ‘pacchetto’ tecnico di assoluto rilievo.

1966: nasce la 400 GT 2+2. Nel 1966 la 350 GT fu sostituita dalla 400 GT 2+2 che come si evince dalla sigla era adatta ad ospitare anche due passeggeri e aveva il V12 portato a 4.0 litri di cilindrata (3.929 cc con misure di 82 x 62 mm) e 320 CV. La coppia generata dall’aumento di cilindrata rendeva la vettura oltremodo fruibile.

Inizialmente il nuovo motore fu installato anche sulla 350 GT che divenne la 400 GT, una vettura che con la versione 2+2 proseguì anche lo sviluppo telaistico grazie al contributo di Bob Wallace, già parte dello staff tecnico della Lamborghini ed elevato poi al ruolo di collaudatore. Di questa vettura che può essere definita ‘di transizione’ ne fu prodotta una piccola serie di 23 esemplari, di cui 20 con la carrozzeria in lamiera d’acciaio e solo 3, come la precedente 350 GT, in alluminio secondo il brevetto costruttivo Superleggera.

La rarissima Lamborghini 400 GT Interim. La 400 GT fu denominata ‘Interim’ proprio per il ruolo di collegamento tra la 350 GT e la 400 GT 2+2, che fu prodotta fino al 1968 in 250 esemplari. Se queste ultime sono un ambito oggetto da collezione, poiché rappresentano le radici della storia della Lamborghini, la 400 GT ‘Interim’ le supera per la sua rarità.

La vettura protagonista di questo servizio fu consegnata in Spagna al presidente della squadra di calcio di Malaga nel 1966 e fu poi immatricolata per la prima volta a Madrid prima di essere dimenticata per molti anni in un garage di Palma di Maiorca.

Scovata molti anni dopo da un operatore del settore che la riportò in Italia, la vettura fu rivenduta a un cliente che fece eseguire un restauro conservativo generale, con una messa a punto della meccanica e il ripristino della tinta originale, il grigio metallizzato Saint Vincent.

Gli interni in pelle sono stati ricondizionati nell’originale colore denominato ‘Tabacco’.

Una vettura il cui tocco classico è enfatizzato dalle ruote a raggi Borrani, che dalla 2+2 saranno sostituite, di serie, da quelle in fusione d’alluminio.

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