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Avete presente la boutique Scuderia, a Castiglione delle Stiviere? E’ come entrare in un altro mondo, il nostro mondo. Ci sono Ferrari, Maserati, Porsche, BMW e anche Land Rover. Moderne, nuove o quasi nuove.
Dallo showroom al garage è un attimo; lì c’è una splendida Maserati Mistral fresca. Si tratta di un esemplare del 1965 ottimamente restaurato dal titolare di Scuderia Massimo Mazzoni. E grazie alle Maserati moderne e di ultime generazioni, quelle che vediamo circolare sulle nostre strade, le Mistral (che erano e sono tuttora delle grandissime macchine) stanno aumentando di valore in modo esponenziale tanto da essere ricercatissime dai collezionisti.
Ecco com’è andata.
Fu la Cisitalia 202, vera icona dello stile italiano nel mondo, che ispirò le opere di Pietro Frua, il “carrozziere romantico”. Non solo. Frua lavorò su questa tipologia di carrozzeria per tirar fuori dei prodotti personali e al passo con l’inevitabile evoluzione dell’automobile, non soltanto dal punto di vista stilistico. E in questo contesto, la collaborazione tra lo Stilista torinese e la Casa del Tridente diede risultati eccellenti, se non insuperabili. A cominciare dal coupé e spider realizzato attorno alla meccanica della A6G, la 2000 Gran Turismo, dell’inizio anni ’50, una delle prime Maserati costruite in serie (peraltro limitata) dopo la produzione anteguerra caratterizzata da prestigiose auto da corsa realizzate in pochissimi, preziosi esemplari. Fu Pinin Farina il ‘carrozziere’ che portò sulle Maserati gli stilemi della Cisitalia uniti ad alcuni tratti tipici delle vetture da corsa, come la calandra a doppio lobo. Nella sua spider (1950), Frua inserì in faro centrale, elemento estetico che richiamava quello funzionale apparso sulle 2000 Sport del dopoguerra, mentre nella coupè (1951) i due volumi rincorrono la già citata ‘scultura mobile’ di Pinin Farina.
Segue la A6G54 che la Maserati affida alle cure di Allemano (con stile di Michelotti), Zagato e Frua, che oltre a un coupé 2+2 si lancerà anche in una spider che strizzava l’occhio al mercato d’Oltreoceano, con stilemi che, opportunamente rielaborati e per certi tratti fin troppo enfatizzati, si ritroveranno poi sulla 3500 GT Cabriolet 2+2 (1958-’59). Nel frattempo Frua aveva chiuso la sua attività di carrozziere per passare alla Ghia in qualità di consulente esterno esclusivo per lo Stile (periodo nel quale fu coinvolto nello sviluppo stilistico della Renault Floride) e poi, tornato indipendente e fondato nel 1959 lo studio Tecnico Frua Pietro, si era reso disponibile a più committenti tra i quali la Italsuisse, creata a Ginevra da Adriano Guglielmetti, uscito dalla Carrozzeria Ghia S.A. di Aigle.
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Con la Italsuisse, nel 1961 propone alla Maserati la 3500 GTI che sarà prodotta in pochissimi esemplari essendo Vignale il fornitore privilegiato. Nell’escursione sulla 5000 GT spinta dal V8 di 5,0 litri AM103 Frua abbozza uno dei motivi che si ritroveranno nella Mistral, ovvero la linea di cintura bassa in corrispondenza delle vetrature laterali e più massiccia nella porzione posteriore, col lunotto che si prolunga sui lati ed è quasi tangente il vetro posteriore per ridurre la superficie del montante. Segue la Quattroporte, una vettura concettualmente fuori dalla tradizione Maserati che fino ad allora aveva concepito, per la produzione stradale, coupé e spider da Granturismo. La prima uscita della Quattroporte avvenne al Salone di Torino del 1963, lo stesso anno in cui Frua compiva cinquant’anni e lavorava, sempre per Vignale, al primo prototipo della Mistral, ovvero l’erede dell’ormai stilisticamente datata 3500 GT. In effetti, con la 3500 arrivata a fine carriera, l’ingegner Alfieri aveva avviato lo studio della sua sostituta. La prima proposta fu battezzata Sebring, la pista americana che aveva visto la Maserati vincitrice con la 450S, spinta dal formidabile V8 Tipo 54 di 4,5 litri e 400 CV. Essa manteneva i tratti caratteristici della 3500 GT coupé e spider di Vignale disegnata da Giovanni Michelotti, un altro Maestro della scuola torinese di otto anni più giovane di Frua. E Michelotti fu quello che lavorò su pochi tratti salienti di quella 2+2, come il muso, più basso e che convergeva su quattro fari aggressivi, e la linea di cintura che si prolungava in una coda leggermente spiovente, privata delle pinne e dunque un poco più moderna. A differenza della 3500, che preferiamo coi cerchi di lamiera, i cerchi d’alluminio a raggi della Borrani completavano lo stile della Sebring al punto da essere di gran lunga i preferiti.
Ma per portare il coupé Maserati più avanti serviva qualcosa di diverso e soprattutto l’abbandono dei tre volumi, più eleganti che funzionali su una vettura di alte prestazioni. In fondo la Ferrari, in quel periodo, produceva la 250 GTO, per non parlare del successo dell’intramontabile Jaguar E-Type coupé nata nel 1961.
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Silvio - 09 Jul 2021
In quegli anni le auto si sapevano costruire eccome!!