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Quindici anni fa, all’inizio del 2006, Opel riproponeva il nome GT per contraddistinguere un suo modello di serie. La “GT degli Anni 2000” era però un’automobile completamente differente da quella commercializzata a cavallo degli anni Sessanta-Settanta.
Innanzitutto non era una coupè, bensì una spider. E poi non montava il motore in posizione anteriore-longitudinale come sulla vettura del 1968, bensì posteriore-centrale con differenziale autobloccante, come le più moderne granturismo dell’epoca.
Come una spider classica, la nuova Opel GT aveva un’interessante geometria delle sospensioni, assetto sportivo, posizione di guida bassa e distesa. La carrozzeria larga, la linea slanciata, il lungo cofano motore incernierato nella parte anteriore e i ridotti sbalzi di carrozzeria facevano sì che la GT avesse le tipiche proporzioni di un’automobile di questa categoria. In pratica, portava qualcosa di nuovo in questo segmento di mercato. E poi c’era il motore, un turbo ad iniezione diretta di benzina da 264 CV che le permetteva di raggiungere i 100 km/h con partenza da fermo in 5,7 secondi.
Sotto il cofano, un turbo-benzina con distribuzione a fasatura variabile.
La Opel GT del nuovo millennio non sembrava solo veloce. Era veloce! Nessun’altra Opel aveva mai avuto un motore da 132 CV/litro. Soluzioni di alto contenuto tecnologico come l’iniezione diretta di benzina, il turbocompressore a doppia girante con intercooler, la fasatura dei due assi a camme ed i due contralberi di equilibratura erano all’origine delle prestazioni di questo 4 cilindri di 1.998 cc. La coppia massima di 353 Nm tra i 2.500 ed i 5.000 giri/minuto garantiva una grande progressività in tutte le situazioni.
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Assetto di classica impostazione sportiva
Per la Opel GT i progettisti avevano sviluppato un’impostazione sportiva di tipo classico, caratterizzata da assetto rigido, carreggiate larghe e passo lungo. Le ruote erano collegate a doppi bracci ad “A” in alluminio forgiato, il baricentro era basso e la ripartizione dei pesi (51%-49%) molto equilibrata. Un cambio manuale di impostazione sportiva, comandato da una corta leva, ed un differenziale autobloccante trasmettevano a terra la forza motrice. La vettura era dotata di quattro grandi freni a disco, anti-bloccaggio elettronico delle ruote in frenata (ABS) e controllo elettronico della stabilità (ESP) che, come il controllo di trazione poteva essere disinserito.
Una vera roadster. La tipica architettura della roadster era stata studiata fin dall’inizio per rispondere senza compromessi alle speciali esigenze di una scoperta sportiva a 2 posti. Il pianale, con elementi laterali idroformati e tunnel centrale con funzione portante, era stato realizzato in lamiera d’acciaio e rappresentava una solida base per un comportamento su strada preciso e la sicurezza passiva della vettura. La tecnica dell’idroformatura (che permette di realizzare componenti d’acciaio servendosi di acqua ad alta pressione) era già stata utilizzata con successo da Opel per realizzare alcune componenti dell’autotelaio di Astra e di Vectra.
Un frontale aggressivo. Il frontale era dominato dalle forme marcate dei parafanghi, dall’ampia barra trasversale cromata che inglobava il marchio, dal cofano motore allungato su cui spiccava il tipico rialzo centrale delle vetture Opel, dalle cornici cromate delle prese d’aria e dai fari tridimensionali inseriti all’interno di copri-fari trasparenti che proseguivano sulle fiancate. Particolari sportivi erano inoltre le lunghe prese d’aria nel cofano motore, i grandi parafanghi anteriori caratterizzati dai tipici profili orizzontali Opel, il doppio terminale di scarico e le doppie prese d’aria dietro ai poggiatesta. Le ruote in lega da 18 pollici con disegno a 5 raggi riempivano i passaruota e mettevano in risalto il carattere sportivo della vettura, così come la capote in tela, che spariva completamente, offrendo una piacevole guida a cielo aperto.
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