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Riprendiamo il nostro viaggio oltre la cortina di ferro addentrandoci questa volta in pieno territorio sovietico per andare a scoprire un’iconica vettura sportiva ideata nel 1979 da Alexander Kulygin, un brillante e visionario ingeniere di Ukhta.
Stufo della tecnologia obsoleta e delle linee anonime adottate a quell'epoca nel suo paese, anche Alexander venne ispirato dal design Lamborghini ed in 3 anni di duro lavoro realizzò un'auto sportiva che denominò Pangolina 444 GT in onore alla forma del pangolino, animale orientale oggi purtroppo reso famoso perchè additato come iniziale diffusore del virus Covid-19.
Sulla base di una VAZ-2101, che non era altro che una copia con licenza della Fiat 124, l'ingegnere fece ricorso a diverse soluzioni fantasiose per realizzare la propria vettura, troviamo ad esempio nella parte centrale del cofano una fila di quattro fari a scomparsa, che, quando non era necessaria l'illuminazione, venivano abbassati e nascosti migliorando l'aerodinamica della vettura. I finestrini laterali erano costituiti da tre sezioni di vetro. Vennero realizzati artigianalmente dei cerchi in alluminio per alleggerire il peso generale della vettura e montati dei pneumatici sportivi, componenti assai rari da quelle parti geografiche da reperire. Il corpo vettura fu assemblato in pannelli di fibra di vetro montati su un telaio tubolare.
Per accedere all'interno del veicolo fu progettata una cupola che incorporava anche il tetto, le fiancate ed il parabrezza; dato che l'itera parte era assai pesante fu realizzato un complesso impianto idraulico per sollevare la struttura.
Il parabrezza invece fu molto ben congeniato, data la sua notevole grandezza offriva un'ottima visibilità frontale ed era corredato da un efficiente tergicristallo che spazzava il 95% della superficie del vetro.
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Nonostante l'estetica molto accattivante, come per le altre vetture dell'est le prestazioni di questa “supercar sovietica” rimasero modeste anche se superiori alla media del parco circolante russo.
Il motore era un quattro cilindri da 1.2 litri di fabbricazione Lada ed erogava 62 CV, ciò nonostante la leggerezza della vettura e la sua forma molto aerodinamica permisero al mezzo di raggiungere una velocità massima di ben 180 km/h. Anche il posizionamento del motore non fu dei più felici, data l'eccessiva forma a cuneo del cofano, questo fu montato decisamente indietro, praticamente incollato al cruscotto e, per accedervi, si doveva appunto rimuovere lo stesso cruscotto.
Vennero di conseguenza sacrificati sterzo e filtro dell'aria ma l'inventiva di Kulygin permise di recuperare lo spazio perso del cofano andandovi a collocare 2 serbatoi di carburante.
Dotata di un banale cruscotto ma di due sedili molto curati ed ispirati a quelli dell'aviazione russa, essi erano alti di schienale e molto confortevoli. Per avere la visibilità posteriore non fu montato nessuno specchietto retrovisore ma si preferì realizzare un periscopio futuristico nel tetto.
Per evitare che il lunotto posteriore si sporcasse di fango e polvere, dato che fu realizzato semplicemente con un vetro verticale, Alexander escogitò l'introduzione di uno spoiler sovrastante che spezzava il flusso d'aria evitando il facile accumulo di materiali mantenendo nel tempo il vetro piuttosto pulito.
L'auto fu realizzata solo in un unico esemplare, e purtroppo quella che è giunta ai giorni nostri non è più la versione originale dato che Kulygin la schiantò contro un camion a metà anni '90 danneggiando irreparabilmente la caratteristica cupola idraulica. Le modifiche che la vettura subì per la rimessa su strada stravolsero non di poco la filosofia iniziale a tal punto dal variare anche la colorazione originaria verde in un rosso simil Ferrari.
Alexander Kulygin fu assunto alla fine degli anni '80 dalla casa automobilistica russa AZLK e vi rimase fino alla metà degli anni '90. Quindi emigrò, come tante menti dell'epoca, negli Stati Uniti e aprì una propria attività di sviluppo, produzione e vendita di kit per auto.
Morì sfortunatamente nel 2004 in un altro incidente stradale mentre si recava al lavoro.
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Andrea - 27 Feb 2022
Che vulcano di cervello