Visto che a sud non possiamo andare, ad est men che meno, comincia il viaggio di ritorno verso nord. Pensiamo di sfruttare i giorni restanti per visitare la zona ad est di Tefraute, un migliaio di chilometri più a nord di dove ci troviamo. Per cui smontiamo il campo bello ricoperto di sabbia ed abbandoniamo la nostra spiaggia sulla laguna ed i suoi fenicotteri
(Una piccola nota di aggiornamento. Oggi Dakhla è una città in continua espansione. Ha un aeroporto, un porto per la pesca d'altura, due fabbriche di conserve, gigantesche serre, svariati hotel di svariate categorie, un camping triste ed un paio di villaggi turistici per wind e kite-surfisti. Il luogo dove abbiamo fatto campo è diventato "trendy" ed oggi è perennemente affollato da decine di camper..).
Dakhla - Layoune Plage (533 Km. - Asfalto) 29 dicembre 1989
Notte umida. E con tanto vento. Fortunatamente la sera prima abbiamo rinforzato i picchetti delle tende. L'auto che ci ha parzialmente schermato è ricoperta da una patina di sabbia e sale. Non ho idea se piova spesso, vista l'aridità del terreno non sembrerebbe, ma è possibile che questa umidità dovuta alla stagione ed alla vicinanza all'oceano sia normale su una fascia di qualche decina di chilometri dalla costa. In effetti, guardando una carta, molte sebka si trovano lungo il mare o a qualche chilometro da esso. Fatto sta che il nostro lungo ritorno a nord è contraddistinto da continui scrosci d'acqua, in alcuni momenti la visibilità è di 30-40 metri. Ogni tanto qualche lieve avvallamento diventa una specie di oued improvvisato e per qualche decina di metri si viaggia in venti centimetri d’acqua. Mano a mano che avanziamo e non smette di piovere gli attraversamenti diventano più frequenti, fino a che non arriviamo ad uno più importante degli altri. C’è un camion fermo a metà. Dall’altro lato una Jeep della Gendarmeria alla quale due uniformati si appoggiano guardando nella nostra direzione. A parte ciò non fanno una piega, tanto che non capiamo se il loro comportamento voglia significare che è tutto ok e che possiamo tentare di passare, oppure che si siano semplicemente messi comodi per assistere allo spettacolo degli italiani infognati in mezzo allo oued. Metto le ridotte, una seconda, poi una terza e passiamo senza colpo ferire. Poi ancora acqua e chilometri ed in serata arriviamo a Layoune Plage e ci accampiamo nella "città fantasma".
Layoune Plage - Oued Ez Zehar (230 Km. - Asfalto) 30 dicembre 1989
Ci rimettiamo in cammino verso nord. La prima sosta è alla sebkha Oum Deboua. Un paradiso per il geologo che si lancia lungo le scarpate erose alla ricerca di minerali. Ripassiamo davanti alle navi arenate a nord di Tarfaya. Non piove, il cielo ha degli sprazzi d'azzurro ma la temperatura è abbastanza bassa. Superiamo un paio di oued in piena fino a quando, passata Akfenir, non arriviamo allo Oued Ez Zehar. Qui la piena dello oued ha semidistrutto il terrapieno che funge da ponte. Molte macchine in attesa di passare ma, al momento, osano solo i camion dell'esercito 6x6. Decidiamo di non rischiare e facciamo il campo ad un paio di km più a sud.
Oued Ez Zehar - Akfenir (60 Km. - Asfalto, pista) 31 dicembre 1989
Smontato il campo torniamo allo oued. La situazione è appena migliore della sera precedente. Alcuni camion passano sobbalzando, una Renault di locali rischia l'annegamento e finisce la traversata "a braccia". Ci godiamo lo spettacolo ma non siamo convinti. Guardiamo sulla carta e vediamo che è indicata una pista che partendo poco a sud di Akfenir aggira la zona allagata e conduce a Tan Tan. Per non restare fermi decidiamo di provare a cercarla. Ci fermiamo per un the ad Akfenir e qui incontriamo Carlo, insegnante di disegno alla scuola italiana di Casablanca, ed i suoi amici: un francese, Michel ed un marocchino, Abdu. Anche loro bloccati dalla piena, si uniscono a noi nella ricerca della pista. All'altezza della salina a sud di Akfenir svoltiamo a sinistra e seguiamo le tracce che vanno verso ovest ma, come erano ben tracciate, così spariscono di botto. Torniamo indietro. Sono ormai le 16 ed il sole comincia velocemente a scendere sull'orizzonte ma la nostra ricerca della pista per Tan Tan prosegue. Scendiamo ancora qualche chilometro lungo la statale e svoltiamo verso est in una nuova pista che sembra ben tracciata. Proseguiamo per una manciata di chilometri fino a che il tracciato scompare sotto a delle dune. Cerchiamo un tracciato più recente e riproviamo: niente da fare. Questa volta il tracciato finisce di brutto dopo aver passato una prima serie di dune.
E' ora del campo per cui cerchiamo un bell’avvallamento tra le dune per stabilirlo. Mentre prepariamo le tende il buon Francesco decide di proseguire nella sua opera di geologo e, spaccando alcune pietre per analizzarne l'interno, si massacra un dito. Un buon finale d'anno! Michel, riferendosi al suo recente passato ha commentato il tutto con un: “sempre meglio che passarlo in galera in Yemen”, cosa su cui anche Francesco nonostante il dolore non ha avuto nulla da ridire.
Non c'è vento ed il tramonto colora di arancio ed azzurro il cielo. Ce lo godiamo sulla cresta di una duna da cui scorgiamo il riflesso della luce sulla superficie delle lontane saline sulla costa. Poi Alex si da alla cucina e ci prepara un meraviglioso zampone con lenticchie. Menu speciale invece per Abdu, l'amico marocchino di Carlo, in ossequio ai dettami dell'Islam. In sottofondo suona, molto distorta dalle onde medie, Radio France International dalla quale non giunge nessuna notizia degna di nota o tale da guastarci questo luogo incantato.
Foto:
Akfenir - Tan Tan (185 Km. - Pista, fuoripista) 1 gennaio 1990
Buon anno! In effetti inizia bene: non abbiamo ancora deciso se tornare allo oued o proseguire nella ricerca della pista quando dal nulla appare un saharawi di età indefinibile, diretto (a piedi) alle saline sulla costa il quale, parlando con Abdou (peraltro parlando due lingue diverse: uno l’hassanya e l’altro il marocchino) dopo essersi qualificato come guida dell’esercito, si offre di guidarci attraverso il deserto per raggiungere Tan Tan evitando le zone allagate.
Nel tempo che impieghiamo a smontare il campo è già andato e tornato dalle saline ed è pronto alla partenza. Monta sul Land di Carlo e ci porta ad imboccare un'altra pista, apparentemente inutilizzata e simile a quella che avevamo percorso la sera prima. Ci avviciniamo alle dune che sbarrano il passo verso ovest. Una volta arrivativi la guida scende dall'auto e di corsa, a piedi, ci precede indicandoci i passaggi.
E' la prima sabbia del mio Suzukino che, complice anche il fatto che le dune sono umide e compatte, si comporta egregiamente. Spesso siamo costretti a viaggiare con le ridotte causa il peso, la scarsa potenza e le pendenze che dobbiamo affrontare. Saliamo su un primo altopiano, poi su un secondo, poi un terzo.. La direzione dovrebbe essere nord est ma guardando il sole mi accorgo che stiamo andando decisamente verso sud est. Decido di preoccuparmi solo se arrivati a mezzogiorno la direzione non cambierà, perché è probabile che la guida ci stia facendo fare un vasto giro in senso antiorario per evitare zone allagate. Giungiamo ad un misero accampamento: una tenda, poche capre ed una donna che inizia un dialogo a base di frasi rituali con la nostra guida. Sua moglie? Mah, non lo scopriremo mai. Tra noi e lui viste le incompatibilità linguistiche, le comunicazioni sono ridotte al minimo e ci si capisce a gesti. L'unica parola non hassanya che conosce è "fuerza" e ce la ripeterà per tutto il giorno indicandoci così che siamo troppo lenti... Una volta finita la sabbia il terreno si presenta ciottoloso quando non proprio sassoso per buona parte della giornata e gradualmente la rotta prende la giusta direzione. Incontriamo alcuni bacini d'acqua stagnante, qualche dromedario e basta. Alessandro, che si è impadronito della telecamera, ci delizia con una fantasiosa descrizione dei panorami che ci circondano; questa volta si mette nei panni di cicerone per degli investitori magnificando i piani di sviluppo del nulla: - ..in questa zona è previsto lo sviluppo turistico degli sport invernali, ecco il complesso residenziale, quella che vedete (un piccolo stagno) è la pista di pattinaggio, sulla destra le piste da sci, qui sorgerà il centro commerciale.. ecco il negozio di Cartier, quello di Trussardi.. Attraversiamo delle depressioni dove il percorso si fa fangoso ed infine, sul calar della sera ritroviamo una pista scorrevole dal fondo sabbioso che ci porta fino alle porte di Tan Tan. Qui la guida ci lascia ma il suo pagamento si rivela laborioso e complicato. Ci mettiamo una buona ora di discussioni a fargli accettare il compenso in cartamoneta; avrebbe voluto essere pagato totalmente in monetine. Sbarchiamo infine in un albergo dove, grazie all'attento controllo di Abdou che si installa nella cucina, ci viene servita una ottima ed abbondante tajine di pesce.
Tan tan - Tafraute (342 Km. - Asfalto) 2 gennaio 1990
Con il sole che finalmente ci riscalda un po’ ripartiamo su asfalto verso nord e passiamo velocemente la polverosa Guelmin e Bouizakarne prima di inerpicarci sul passo di Tizi Mighert, passaggio sull'Anti Atlante verso Tiznit. La strada che supera il passo è stretta, con molti tornanti, divieto di sorpasso continuo e percorsa da camion e pullman lenti e fumanti. A Tiznit facciamo una sosta per carburante e dopo esserci consultati decidiamo che la prossima tappa sarà Tafraute. Quindi svoltiamo a destra, verso le montagne, verso la città scenograficamente incassata tra muraglie di granito. Il percorso è piacevole e segue in parte il corso di un oued le cui rive appaiono coltivate. Poi la strada si inerpica sempre più. Vediamo alcune abitazioni fortificate che punteggiano i rilievi attorno a noi. E' ormai tardi ed il sole tramonta. Arriviamo a Tafraoute senza poter vedere le pareti di granito colorate dalla luce del tramonto. In compenso veniamo accolti dal richiamo del muezzin per la preghiera che, rimbalzando tra le pareti rocciose, crea degli effetti di eco estremamente suggestivi. Serata in albergo di lusso. Birra a volontà!
Tafraoute - Irhem - Taroudant (184 Km. - Pista, asfalto) 3 gennaio 1990
Imbocchiamo la strada asfaltata verso Agadir e dopo una ventina di km svoltiamo a destra. Cercheremo di raggiungere Irhem attraverso le montagne. Il tempo è inclemente, piove a dirotto e fa discretamente freddo. Dopo poco la strada diventa sterrata ed inizia un vero e proprio viaggio "alla cieca". Le strade non corrispondono a quelle segnate sulle carte e le poche indicazioni che troviamo sono rigorosamente in arabo e Abdou non sembra in grado di leggerle. Intorno a noi ogni tanto un villaggio, campi coltivati a terrazze ed alberi da frutta. Tutto rigorosamente grigio e cupo tra le nuvole basse. L’acqua comincia ad essere un po’ troppa anche sulla pista tanto che ad un certo punto percorriamo un vero e proprio fiume che ha invaso la strada e ne segue il corso per qualche chilometro. Giungiamo infine stremati ad Irhem dove ci fermiamo a mangiare pesce allo zafferano e bere una bibita di colore sintetico in un locale fumoso dove a parte noi, gli altri avventori sono tutti rigorosamente dei contadini incappucciati nei loro scuri bornous di lana. Usciti ben pasciuti riprendiamo la marcia, questa volta su asfalto, per puntare su Taroudant dove pernottiamo all'hotel omonimo. Una antica costruzione, un vero e proprio riad il cui giardino interno è decorato da immensi rampicanti. Il tutto è un po’ trasandato e con una patina di antico che ne fa un luogo affascinante benché spartano.
Taroudant - Ouarzazate (275 Km. - Asfalto) 4 gennaio 1990
Davanti ad una abbondante colazione ci separiamo dall'equipaggio del Land: Abdou torna al suo lavoro di pescatore a Essaouira e Carlo ed il francese tornano a Casablanca. Noi, considerato che siamo in anticipo sulla tabella di marcia, riprendiamo verso est alla volta di Ouarzazate. Lungo il percorso la marmitta comincia a perdere ed a rumoreggiare ed anche il cambio si fa via via più rumoroso. Arrivati finalmente a Ouarzazate, mentre il Thellung decide di spendere poco e va a dormire in un ostello, io ed Alex ci permettiamo una stanza di lusso in un albergo nuovo di pacca; per fortuna delle nostre tasche siamo in bassa stagione.
Ouarzazate - Agdz - Tasla (102 Km. - Asfalto. pista) 5 gennaio 1990
Con molta calma ci mettiamo in moto. Direzione Agdz, dove ci fermiamo alla ricerca di un tappeto per il Thellung. La trattativa è lunga ma, al 127° the alla menta, i contendenti si accordano su un cambio basato su: tenda (usata), lettino da campo (sfasciato), un pallone ed una manciata di Dhiram contro l'agognato tappeto. Tra una cosa e l'altra abbiamo fatto tardi per cui imbocchiamo la pista delle miniere verso ovest e, trovata una zona pianeggiante piantiamo la tenda rimasta nelle vicinanze di Tasla. All’ora del rancio, quella sera, facciamo il punto della situazione: il cambio fa sempre più rumore e pare girare bene solo in quarta per cui potrebbe essere necessario provvedere ad una riparazione, la qual cosa porterebbe via tempo. Decidiamo quindi che domattina abbandoneremo il sud del Marocco per puntare su Casablanca dove forse troveremo di che riparare il suzukino.
Tasla - Casablanca (578 Km. - Asfalto) 6 gennaio 1990
Dopo una breve visita ad una miniera abbandonata ritroviamo l’asfalto e corriamo, quasi solo in quarta, superando il passo di Tizi n’Tichka, fino ad arrivare a Casablanca dove veniamo ospitati da Carlo. Ci fermiamo anche il giorno seguente cercando un dealer Suzuki ma senza successo. Sembra proprio che la Suzuki in Marocco non esista ed in effetti per tutto il viaggio il nostro ha suscitato la curiosità dei locali. In compenso Carlo ci porta a spasso per Casablanca: una città moderna di cui abbiamo particolarmente apprezzato un ristorante. Italiano!
Casablanca - Tangeri (355 Km. - Asfalto) 8 gennaio 1990
Ultima tappa in terra marocchina alla volta di Tangeri, con il cambio rigorosamente in quarta e grande uso della frizione tra un peteggiamento e l’altro della marmitta che ormai rumoreggia senza alcun ritegno, dove giungiamo in serata. Ci imbarchiamo nella notte sul traghetto per Algeciras, in Spagna dove pernottiamo in un camping fetido. Per tornare a casa ci metteremo tre giorni, di cui due per riparare il cambio ad Alicante presso la prestigiosa officina Talleres Molinas.
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Alessandro Bellazzi - 13 Jul 2021
Avventura sempre più entusiasmante!