Fuoristrada Sahara Occidentale 1989: da Torino a Legzira
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Prologo

Ereditare una passione può capitare. E quando questa ben si mescola alle proprie passioni ed esperienze passate, la cosa può diventare totalizzante. Ero già appassionato di motori e di viaggi in tenda a cui mi avevano abituato fin da piccolo i miei genitori. Ma quando nel 1983 in un viaggio nato per caso dopo il diploma, valicando l'ultimo passo dell'Anti Atlas in Marocco mi affacciai per la prima volta sull'immenso nulla del deserto, ecco che anche la passione di mia Madre per il Sahara che avevo sempre ritenuto una stranezza, improvvisamente mi parve chiara. E senza accorgermene la ereditai.

Così sei anni dopo, una volta assestatomi lavorativamente ed economicamente, come dipendente avevo la possibilità, anzi l’obbligo, di programmare le mie vacanze. Era l’autunno del 1989 e mi ero stufato di guidare (e di mettere benzina) in quella splendida auto che era la BMW 633, un enorme squalo con un motore da 200CV full optional che avevo acquistato usata. Inoltre quell’estate ero anche riuscito a rompere la coppa dell’olio facendo uno sterrato ed era stata una grande scocciatura. C’è da dire che posteggiarmi di fianco alle Thema di ordinanza dei dirigenti dell'azienda per cui lavoravo e cogliere i loro sguardi invidiosi dava una certa soddisfazione, ma ormai la decisione era presa: dovevo comprarmi un fuoristrada! Così venduta l’auto ad un cugino, mi misi alla ricerca di qualcosa che facesse al caso mio. Memore degli insegnamenti e dei racconti della Mamma mi orientai sui Land Rover, ma non è che il mercato offrisse molto. Dopo lunghe ricerche trovai l’inserzione di una Land 88 in vendita presso un commerciante di Torino dove mi recai immediatamente. Bella, ben tenuta, ma benzina (e gas). Non esattamente un’auto economica dal lato consumi. Mentre rimuginavo davanti alla scatola di alluminio, una macchia rossa sulla destra attirò la mia attenzione. Era un Suzuki SJ, ma con la rara particolarità di essere a passo lungo. Più piccolo, più leggero della Land e con solo tre anni di vita. Sette milioni. Mi presi 24 ore per pensarci e due giorni dopo firmai i vari papiri prima di tornarmene a casa guidando questo mezzo saltellante dotato di un motore con un terzo dei cavalli a cui ero abituato. Naturalmente alla Ditta gli sguardi che prima erano di invidia si trasformano immediatamente in sguardi disgustati (un fuoristrada e per di più giapponese) la qual cosa fu abbastanza esilarante.

Era ormai ottobre ed a parte il lavoro ed il torneo di calcio, non è che avessi programmi estremamente allettanti davanti a me. Senonché il suzukino spingeva ed allora decisi di cercare un posto in cui portarlo. Ma dove? Beh, dove avrei voluto averlo precedentemente: nel deserto. 
Dunque il primo passo fu l’acquisto del libro Sahara, Guida al Deserto che divorai in pochi giorni, nonostante lo spessore del testo ed i frequenti andirivieni tra la guida e la carta Michelin dell’Africa Occidentale.
Certo, non è che avessi intenzione di spingermi fino in Mali od in Niger, ma quando si comincia a leggere una guida, è difficile staccarsi. Comunque, alla fine delle sue 669 pagine un idea me l’ero fatta. Sarei andato in Marocco verso sud. Stavo cominciando a pensare a che itinerario fare quando lessi la notizia che il Sahara Occidentale, che sulla guida era dato come una specie di buco nero di cui non si sapeva nulla, era stato aperto al turismo dalle autorità marocchine. Voi credete al fato? Io no, ma sembrava proprio che quella notizia fosse stata confezionata per me e per i miei sogni d’avventura.

Una volta deciso di andare nel Sahara Occidentale bisognava porsi una meta e dunque perché non provare ad arrivare fino in Mauritania, a Nouadhibou? Poi eventualmente si sarebbe potuto vendere il mezzo e rientrare in aereo. Si trattava quindi di percorrere la costa occidentale dell'Africa per circa 2.500 km. Metà del percorso si sarebbe svolto nell'ex Sahara Spagnolo. Questo territorio estremamente arido, fin dal giorno dell'indipendenza (27 febbraio 1976) ha sofferto un conflitto tra le popolazioni autoctone (il popolo Saharui) ed il Marocco che ne rivendica il possesso. Naturalmente il motivo oltre che di grandeur è anche economico: nella zona di Bou Craa si trova uno dei più grandi giacimenti di fosfati del mondo. Comunque, il territorio era ed è ancor oggi militarmente occupato dalle truppe marocchine. Con l'apertura delle frontiere il governo volle probabilmente dare un primo segnale politico per dimostrare di avere il controllo della situazione. 
Decisa la destinazione, ora si trattava  di preparare il mezzo e trovare dei compagni di viaggio.

La preparazione dal lato meccanico si ridusse a cambiare le pastiglie dei freni, filtri olio e aria e montare quattro gomme nuove. L’allestimento interno si basava su una serie di casse di legno con coperchio per la cambusa, legate con delle strop ad una plancia in legno multistrato ancorata al pianale dell’auto e dotata di grossi occhielli a cui fissare le cinghie. Facevano parte dell’allestimento anche una griglia divisoria per il vano carico, sei taniche in metallo da venti litri, cinque per la benzina ed una per l’acqua. All’esterno un tendalino fatto in casa era arrotolato sui supporti del tetto. Naturalmente queste pur piccole modifiche ed aggiunte non erano farina del mio sacco ma estrapolazioni tratte dal libro già citato, che conteneva una sezione dedicata alla preparazione dei mezzi.

L’equipaggio fu rapidamente raccolto. Subito si unì entusiasticamente Francesco e poi anche mio fratello Alessandro, complice un ginocchio in disordine che gli impediva di andare a sciare, decise di partecipare alla spedizione.

Giunti quindi alla data dell'inizio delle ferie, montammo sul suzukino. E via!

Foto:

Prima Parte: da Torino alla spiaggia dei fricchettoni.

Torino - Campo sulla Sierra (887 km. - Asfalto) 19 dicembre 1989

Dopo un mese di organizzazione e ricerca degli scarni dati disponibili sul Sahara Occidentale, finalmente romba il motore del nostro Suzukino. Ad un ora improbabile del mattino partiamo da Torino. Direzione la Francia. Il tempo non è dei migliori: piove a tratti ed in montagna troviamo nevischio. Ma in fondo cosa pretendiamo da questa stagione? Guidiamo ininterrottamente tutta la giornata ed a tarda sera, ormai in Spagna e terminata l'autostrada ci portiamo su un altura per fare campo.

 

Campo sulla Sierra - Algeciras - Ceuta - Martil (1128 km. - Asfalto) 20 dicembre 1989

Sveglia presto. Abbiamo ancora molta strada da fare ed il fatto che l'autostrada fino a Algeciras sia ancora in costruzione non sveltisce la nostra marcia. Così è ormai pomeriggio quando facciamo trionfalmente il nostro ingresso nel porto della città spagnola per salire a bordo del traghetto. Abbiamo la fortuna di arrivare con un paio di giorni di anticipo rispetto al grande flusso degli emigrati marocchini che tornano a casa per le vacanze. Grazie a ciò saliamo a bordo nel giro di un ora ed un altra ora dopo sbarchiamo a Ceuta. 
In pochi minuti siamo al confine. Qui un minimo di coda e di casino ci sono. Per questo luogo passa ogni sorta di traffici e se le macchine non sono moltissime abbondano invece i portatori che, sotto carichi immensi, affrontano la dura fatica del trasporto e la più dura fatica della dogana marocchina. Noi facciamo la nostra bella coda, sbagliamo l'ordine dei timbri da far apporre, ci perdiamo per un po' nella caotica burocrazia ed infine, abbastanza stanchetti, finalmente, entriamo nel Regno. Alcune minacciose pattuglie, numerosi carretti ed infiniti velocipedi ci inducono a viaggiare lentamente rispettando i limiti ed a sole ormai calato, sulla scorta della guida Routard, ci dirigiamo a Martil dove prendiamo posto nel locale (fetido ma sulla spiaggia) camping comunale. Un posto dove regnano traffici e curiosi. Ma la stanchezza ha presto il sopravvento.

 

Martil - Mohammedia (352 km. - Asfalto) 21 dicembre 1989

Per scendere a sud abbiamo previsto di utilizzare la strada che corre seguendo la costa atlantica, cosicché lasciate Martil e la vicina Tetouan alle spalle, superiamo le colline e ci portiamo sul versante occidentale. 

Ci infiliamo sulla statale e tra un attraversamento di paesi e città caotici e l'altro, a sera siamo a nord di Casablanca. Cerchiamo un camping. Ne troviamo uno chiuso a Mohammedia. Sarà forse per le nostre facce stanche ma il guardiano si decide senza troppe insistenze da parte nostra ad aprirci un bungalow. Una bella costruzione su due livelli, intonacata di bianco e rosa, posta insieme ad altre in uno splendido parco ben curato all'ombra di altissime palme. Ed in riva al mare. Peccato non sia agosto! 
Ci sistemiamo comodamente, facciamo qualche scarna abluzione in considerazione della temperatura e dell'acqua fredda che sgorga dalla doccia e ci prepariamo una lauta cenetta. Questo è il momento in cui faccio LA terribile scoperta: i miei due stimati compagni di viaggio, che avevano il compito di fare le scorte di viveri, hanno riempito monomaniacalmente la cambusa di tonno, piselli e fagioli. Solo una sparuta scatoletta di zuppa di aragosta per Natale ed uno zampone con relative lenticchie per capodanno escono dallo schema. Per risparmiare sono anche riusciti a trovare gli unici spaghetti che scuociono alla sola vista dell'acqua calda. Mah! 
Ci rido sopra (beh, insomma, ci provo..) filmando una performance di Alex che ci svela la sua "presenza" davanti alla telecamera. Un vero attore. A braccio e senza rete!

 

Mohammedia - Oualidia - Essaouira (389 km. - Asfalto) 22 dicembre 1989

Danzando al tempo della musica delle Negresses Vertes, la colonna sonora portante di questo viaggio, carichiamo ordinatamente i nostri bagagli e superata di slancio Casablanca ad El Jadida abbandoniamo la strada principale che corre nell'interno per seguire la costiera. Piccoli paesini rurali scarso traffico. A destra ed a sinistra campi coltivati, fino in riva all'oceano. Verso l'una siamo a Oualidia e per puro caso ci imbattiamo nell'Auberge De La Lagune. E' gestito da un anziano marocchino che con i risparmi di una vita di lavoro in Francia, una volta rientrato ha coronato il suo sogno. L'interno è pulito ed ordinato. Grandi tovaglie ricoprono i tavoli. Pochi avventori ma servizio perfetto. Anche il pesce, i crostacei e le ostriche sono ottime. Facciamo una bella scorpacciata, annaffiando il tutto con un meraviglioso vino bianco locale (Special Coquillage). 
Dopo aver pagato un conto ridicolo, per i dovuti burp ci spostiamo sulla terrazza da cui si domina la laguna. In pratica, tra la spiaggia ed il mare aperto c'è una grande duna lunga diversi chilometri con un solo sbocco a mare in prossimità della città. Le ostriche vengono coltivate in questa laguna e la produzione viene quasi totalmente esportata in Francia. 
Ben pasciuti proseguiamo verso sud. La costa si alza e la strada corre sul bordo della falesia. Tira parecchio vento ed ogni tanto spunta il sole. Dopo Cap Baddouza la costa piega verso sud est fino ad arrivare a Safi dove abbandoniamo la strada costiera per la più veloce statale. Mano a mano che la visibilità si riduce diventa sempre più impegnativo guidare. Carretti, bambini, ciclisti, capre, sembra che non possano passare tre chilometri senza dover frenare ed evitare qualcuno. 
Si fa buio, e col buio arriviamo ad Essaouira. Primo incontro: un poliziotto piantagrane che rompe e dato che non ottiene niente si prende la mia patente. Faccia pure. Sono troppo stanco per discutere. Se ne parla domani. Per il momento lo spoglio e ventoso camping di Essaouira ci aspetta per una serata in cui il policeman verrà ad intrattenersi e riuscirà a rendere il mio impatto con questa splendida città pessimo.

 

Essaouira - Mirleft - Legzira (333 km. - Asfalto) 23 dicembre 1989

Al mattino il pulotto è di nuovo lì. Vuole far pace ma gli scoccia andarsene a mani vuote. Alla fine per tagliar corto alla manfrina gli regalo un pallone da calcio e ripartiamo verso sud. Una prima pausa poco dopo Tamri e poi superato Cap Guir la strada scorre a breve distanza dal mare, dove le spiagge si susseguono. Mano a mano che ci avviciniamo ad Agadir si popolano, principalmente di camper europei. Ad Agadir a parte la benzina, non abbiamo niente da fare. Ci lanciamo quindi sull'asfalto rovente ed appena possibile abbandoniamo la statale per percorrere la stretta e tortuosa litoranea che porta fino a Sidi Ifni. 
Mare a destra e montagne a sinistra attraversiamo qualche villaggio, alcuni decisamente carini fino a Mirleft. Il sole sta calando ed urge trovare un posto in cui fare campo. Naturalmente non troviamo nulla fino a che un cippo non ci suggerisce di imboccare una stradina sterrata che si avvicina al bordo della falesia per poi infilarsi nel letto di un oued e sbucare su una sorta di piazzale sospeso su una spiaggia bellissima. Il luogo è popolato da qualche camper e fuoristrada di tedeschi ed inglesi. A causa della loro peculiarità battezziamo il luogo: la Spiaggia dei Fricchettoni. (nota: la spiaggia si chiama Legzira, ma questo lo scopriremo anni dopo quando, ritornatici, la troveremo popolata di costruzioni ed alberghi ed ormai senza l'ombra di un fricchettone). Facciamo un campo splendido, col rumore del mare e del vento a farla da padroni.

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