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Capisco il patriottismo e il nazionalismo ma, dopotutto, Carlos Tavares, CEO del Gruppo Stellantis, è portoghese, mica francese! E allora, se bisogna tagliare per far quadrare i conti, perché farlo solo in Italia? I francesi sono forse più belli e puliti degli italiani? Ma se non sanno nemmeno cos’è il bidé…
Dicono che Carlos Tavares sia un fenomeno ma non sembrerebbe proprio. Il suo non far nulla è davvero imbarazzante. Sicuramente agli occhi di tutti quei lavoratori italiani che se la stanno facendo addosso dalla paura di perdere il posto di lavoro. Le sue politiche e la sua strategia vanno contro l’Italia e gli italiani.
E’ vero che il quarto produttore mondiale di auto, in riferimento alle sue fabbriche italiane, ha sempre detto che in Italia i costi di produzione sono troppo elevati e che occorre ridurre gli sprechi. Ecco: ridurre gli sprechi, non far morire di fame i lavoratori! E tra queste riduzioni anche il portare all’interno di Stellantis alcune attività che fino a prima della fusione erano appannaggio di ditte esterne. Qualcuno aveva avanzato il pericolo che l’indotto non avrebbe retto. Ed i primi effetti si intravedono, con i primi licenziamenti proprio dall’indotto, come per esempio sta accadendo a Cassino.
Il punto. Nato dalla fusione tra PSA ed FCA, cioè tra francesi e italiani, al gruppo Stellantis si rinfaccia la preponderanza della componente transalpina. Perfino il CEO Tavares, portoghese di nascita, proviene da PSA. E se il metro di paragone è la Francia, l’Italia ne esce inevitabilmente penalizzata. Innanzitutto la Francia in materia di elettrificazione sembra più avanti rispetto all’Italia. E poi, l’indotto, in Francia è basato su grandi aziende che vivono sì sulle commesse Stellantis (o PSA prima), ma anche di luce propria. In Italia, invece, si tratta per la maggiore, di piccole e medie imprese, che stanno in piedi per gli ordini di Stellantis. E se questi ordini non arrivano, addio sopravvivenza: lo prenderanno tutti in quel posto!
Un settore massacrato. Il settore auto da un paio di anni vive un periodo tribolato, soprattutto in Italia. Anche i dati del mercato, che hanno fatto registrare una risalita in termini di immatricolazioni nel 2021 rispetto 2020, restano negativi. Il 2020 ,infatti, è stato un anno particolare, segnato dall’avvento improvviso e virulento della pandemia. Impossibile considerare per buoni dati che prendono a riferimento quell’anno come termine di paragone.
Se si va al 2019, infatti, il segno è negativo per immatricolazioni e pure per produzioni. Ed è il 2019 l’anno a cui fare riferimento, il primo pre-pandemia.
Stellantis: un disastro annunciato. Sono sostanzialmente tre i motivi di questo disastro economico e commerciale. Il primo è collegato alla pandemia, con la crisi economica che ne è derivata e con le problematiche relative a limitazioni alla circolazione, chiusure delle attività e paura in chi avrebbe avuto anche la possibilità di spendere e programmare un cambio di auto. Poi c’è la crisi dei microchip di provenienza asiatica, quelli che tutti i costruttori, compreso Stellantis, recuperavano come fornitura da Paesi come Cina, Corea e Taiwan. Paesi, questi, in cui la pandemia ha provocato un calo della produttività di questi semiconduttori, accentuata dalla carenza di materie prime e dall’aumento dei loro costi.
Infine la transizione elettrica, con molti modelli, soprattutto dei marchi italiani come Alfa Romeo, per esempio, che escono fuori produzione o sono già usciti. E le fabbriche hanno iniziato a lavorare a regimi ridotti, a fare ricorso alla cassa integrazione. Sono venute meno le consegne, anche di chi l’auto l’ha già ordinata. E se non si completano le auto di Stellantis, se non si lavora a regimi dignitosi, anche le fabbriche dell’indotto riducono le attività.
E come detto il più delle volte parliamo di fabbriche che producono componenti che poi finiscono sulle auto del colosso italo-francese. Senza quelle commesse è chiaro che le piccole aziende dell’indotto si ritrovano tutte con il culo per terra.
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Senza ordini si chiude. In attesa che il primo marzo prossimo Stellantis presenti il suo piano industriale e si capisca meglio il futuro di tutti gli stabilimenti italiani, la situazione resta critica. A Cassino, dove Stellantis produceva le Alfa Romeo, per l’indotto sono tempi duri. Le vendite di Alfa Romeo sono ai minimi storici, anche perché la Casa del Biscione è una di quelle che più è indietro in materia di elettrificazione. E il malcapitato Jean-Philippe Imparato ha voglia a radunare giornalisti e giornalai per annunciare in mega conferenze stampa grandissime novità che non arriveranno mai. Il tutto per cercare di continuare a vendere quelle quattro Stelvio e quelle due Giulia che gli sono rimaste nei parcheggi.
E così da qualche giorno esce la notizia che la SDE, Società Dispositivi Elettronici ha di fatto mandato a casa 35 suoi dipendenti. Cassino è in sofferenza, perché con l’uscita di produzione di Alfa Romeo Giulietta e Alfa Romeo Giulia si lavora solo sul SUV Stelvio, auto che appartiene ad un comparto che difficilmente può trainare produzioni e vendite. Ed i regimi produttivi calano drasticamente. Alfa Romeo è stato il marchio che ha fatto registrare il calo maggiore in termini di nuove immatricolazioni con un segno meno evidente, pari al -27,8%. Poco più di 26.000 auto immatricolate per la casa di Arese e Cassino non sono sufficienti nemmeno a pagare gli stipendi degli operai. Per i lavoratori della fabbrica Alfa Romeo attivati i contratti di solidarietà (lastratura e verniciatura). Per le aziende dell’indotto, invece, si parla di chiusure e licenziamenti, come per i 35 lavoratori della SDE per i quali nemmeno San Gennaro è riuscito a salvarli. La piccola impresa, evidentemente, non ha retto il calo delle commesse da parte di Stellantis per via del calo di produzione. E l’azienda ha chiuso, anche perché ha terminato tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione.
E adesso sono cazzi amari. In barba a tutte le promesse di salvaguardia dei livelli occupazionali, quindi, iniziano i dolori veri per l’Automotive. I sindacati rimarcano che da tempo stanno mettendo in allerta il governo sui rischi del settore. E proprio l’indotto è quello che maggiormente preoccupava. Evidentemente non ascoltate le parti sociali adesso alzano la voce proprio da Cassino e proprio in riferimento a questa prima cattiva notizia della chiusura di una piccola fabbrica dell’indotto. Il fatto da tenere in considerazione è la differenza di tutele che i lavoratori dell’indotto hanno rispetto a quelli della casa madre. Basti pensare che tra cassa integrazione, contratti di solidarietà, contratti di espansione e prepensionamenti vari, la tutela per i lavoratori interni a Stellantis è a 360 gradi. Nell’indotto, invece, le piccole imprese non possono garantire le stesse cose, a partire dai prepensionamenti. E così dopo che si consumano i periodi di cassa integrazione, arrivano le chiusure definitive. Tanto, che cazzo gliene frega a Carlos Tavares? Lui mica è italiano. Lui è portoghese. Anzi, no: francese! E probabilmente non usa nemmeno il bidè…
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RENATO - 03 Feb 2022
L'ALFA è in crisi non perché è in ritardo con i modelli elettrificati, ma perché fa o ha fatto egli ultimi anni dei modelli che non sono piaciuti