Curiosità Transkit in scala 1/43; modellini che da brutti anatroccoli diventano bei cigni
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Molti dei voi conoscono sicuramente sia i modellini di auto di produzione industriale o artigianale, forniti già assemblati e rivolti più che altro ad un pubblico di collezionisti, ed i kit, ovvero le scatole di montaggio, orientati più verso un pubblico di modellisti, che con un po’ di lavoro permettono di realizzare l’automobile in scala dei propri desideri.   Tra questi due estremi possiamo a buon diritto inserire i transkit, delle buste che contengono l’occorrente per migliorare o trasformare radicalmente un modellino di serie. Questi kit di trasformazione sono figli di un modo abbastanza economico di fare modellismo, visto che il costo tra base di partenza, preferibilmente da ricercare tra riproduzioni economiche, e set per l’elaborazione è inferiore rispetto a quello di una scatola di montaggio completa o di unmontato industriale o artigianale di buon livello. Nonostante queste scatole di conversione, che per certi versi potrebbero ricordare le cassette di trasformazione Abarth per 500 e 600 degli anni ’60, siano diffuse in tutte le scale di riduzione, partendo dalla piccola 1/87 per arrivare fino alla 1/8, mi soffermo sulla diffusissima 1/43 dalla quale è nato questo modo di fare modellismo.  

Come nascono i transkit

Il quadro del mercato modellistico degli anni ‘70 è completamente diverso dall’attuale. Le scale maggiori, come 1/24 e 1/25 sono appannaggio quasi esclusivo dei produttori di kit in plastica; i die-cast commerciali come i Polistil, Mebetoys e Martoys-Burago sono sì comparsi all’inizio del decennio ma sono considerati alla stregua di giocattoli e non prodotti per collezionisti. Gli 1/18 di fatto non esistono, a parte qualche formula 1 di quegli anni bisogna aspettare la seconda metà del decennio per vedere le prime auto d’ epoca della Burago.  Nelle scale superiori alla 1/18 c’è qualche bella scatola di montaggio ad opera di Monogram, Revell ed Heller, fino ad arrivare agli splendidi Pocher in 1/8; si tratta però di poche riproduzioni, costose e dall’assemblaggio ostico, riservate a modellisti esperti. Le scale piccole sono relegate al limbo delle macchinine e l’1/87 è  considerato dai fermodellisti solo un contorno scenografico alla ferrovia in miniatura. I collezionisti si rivolgono quindi alla canonica scala 1/43, dove le novità sono poche, a differenza di oggi dove si susseguono a ritmo serrato anche in certe nicchie fino a qualche anno fa praticamente inesplorate, mentre la richiesta è molta ed il mercato stesso è in piena espansione.  Siamo ancora in anni ben precedenti all’esplosione e conseguente indigestione dei modellini da edicola, che arrivano solo un ventennio dopo. Il collezionista degli anni ’70 tende a comperare di tutto, con un occhio di riguardo per le automobili da corsa, lontano ancora dalle linee guida delle varie tematiche che caratterizzano un certo modo di concepire attualmente l’automobilismo in miniatura. Su questi presupposti nasce quindi l’idea di una ricetta semplice ma geniale: una base ricavata da un die-cast industriale di estrazione generalmente popolare, da smontare e riverniciare ad opera del modellista, ed una busta da acquistare a parte contenente i particolari, le decals ad acqua e le istruzioni per realizzare il modello. Istruzioni direi assolutamente indispensabili in un’epoca per certi aspetti lontana dalla nostra in cui Internet non esiste, dove quindi la documentazione sulle auto reali è difficilmente reperibile, spesso relegata ad una sola risicata fotina, magari pure microscopica, pubblicata su Autosprint. Qualcuno più fortunato, che abita in qualche grande città dove arriva la stampa straniera, o ha occasione di recarsi all’estero, riesce ad accaparrarsi qualche copia di Auto Hebdo, Echappement o Auto Motor und Sport con ulteriore documentazione fotografica. Posso assicurarvi che in oltre il 90% dei casi mancava sempre una maledettissima vista del posteriore della vettura che si voleva riprodurre, già adesso con internet è difficile trovare immagini di certi lati B, figurarsi negli anni ’70 dove pellicola e carta stampata erano centellinati.  Cavalli di battaglia di queste elaborazioni sono soprattutto le miniature della Solido, Casa francese le cui riproduzioni sono abbastanza semplici ma caratterizzate da linee della carrozzeria generalmente molto fedeli, quindi adatte a lavori di dettaglio. Da non sottovalutare poi il fatto che certe referenze della firma transalpina a cavallo tra gli anni ’70 e gli ’80 sono disponibili in kit da verniciare, quindi si evita tutto il lavoro a monte di smontaggio e sverniciatura. Se il primo è semplice, i pezzi che compongono quei modellini sono pochi, tutti assemblati ad incastro e con una o due viti che tengono il fondino, la seconda è più impegnativa a causa delle vernici usate in fabbrica, a volte refrattarie anche agli sverniciatori in gel.

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Transkit di produzione francese

Tra i produttori di transkit sono da ricordare soprattutto i francesi Mini Racing, MRF, AMR e Record, attivi anche nel settore dei kit e dei montati artigianali. Oltre alle canoniche buste con lì occorrente per trasformare il modello, alcuni di questi propongono delle carrozzerie complete, realizzate in resina, da sostituire a certe riproduzioni della Solido, quali per esempio la Porsche 928, la Lancia Stratos e la Jaguar XJ12C. In questo caso si sostituisce la scocca con quella in resina, completando il modello con i particolari del die-cast donatore.  Alcune carrozzerie sono pensate per ricavare versioni completamente differenti da certi modelli della serie Age d’or della Casa transalpina, che raggruppa auto d’epoca fino ad arrivare a certe vetture americane degli anni ’60 quali la Ford Thunderbird del 1963. Record ha anche proposto una linea di trans kit comprendenti un modello Solido, Conrad o di altro produttore già verniciato nel colore di base corretto, un foglio decals e particolari aggiuntivi in resina da montare a carico del modellista. Solido stessa s’è dedicata al mondo dei trans kit seguendo la filosofia di Record e declinandoli in due serie: Top 43 e Solido 2. Nella scatolina rossa che caratterizza queste due linee troviamo quindi il modellino montato con la carrozzeria verniciata nel colore corretto, i particolari in plastica e belle decals dell’italianissima Cartograph di Bologna. 

Transkit di produzione italiana

In Italia troviamo artigiani quali Equipe Tron, Robustelli, AMC Menna, Faster 43 ed altri, che propongono i propri kit di trasformazione. Tron, produttore di Loano tutt’ora in attività, importa anche i prodotti francesi e britannici, che vengono proposti nei ben noti, almeno per i modellisti dell’epoca, bollettini stampati periodicamente a partire dal 1976 ed intitolati TSSK. In quegli anni senza internet sono uno strumento indispensabile per modellisti e collezionisti sia per conoscere cosa succede nel mondo dell’automobilismo in miniatura al di là dei confini italici, che per potersi accaparrare riproduzioni altrimenti non disponibili nel nostro Paese. Questi transkit sono caratterizzati da parti aggiuntive in metallo bianco, spesso ruote con cerchi corretti dotati di pneumatici in gomma, istruzioni ed un bel foglio decals Cartograph. Il modellista deve poi procurarsi a parte la base da modificare. Solitamente queste buste di trasformazione sono orientate ai rally, ma non mancano le versioni pistaiole. Per ottenere certe versioni i modelli di partenza necessitano a volte di modifiche abbastanza complesse e radicali alle carrozzerie, ottenute a suon di fresette e minitrapani sulla non certo tenera zama con sui sono stampati i die-cast commerciali. Tron propone anche una serie di transkit semplificati, denominati variokit, che comprendono solo i particolari in metallo bianco e le gommine, senza decals ed istruzioni. Ovviamente manca anche il modellino da modificare. Di questi variokit fanno parte la Ford Escort MK2 RS 2000 e la Fiat Ritmo gr.2. Memorabili nella serie delle buste di trasformazione complete certe vetture come le Porsche 911 SC Martini del Safari, le Ritmo gr.2 Alitalia e Fiat bianca ed azzurra, le Bromos su base 131 Abarth e Porsche 911, senza ovviamente dimenticare le Escort MK2 gr. 4 declinante in tante versione, tra cui la Rothmans.

Robustelli, che è almeno un paio di gradini sopra tutti gli altri artigiani italici e non solo, si dedica invece alle Alpine A110 da rally, proponendo le svariate evoluzioni di gr.4 con le tipologie di parafanghi omologati durante la carriera agonistica della vettura. Indimenticabili poi certe versioni delle BMW 635 CSI, Jaguar JXS e Rover SD1, ben fornite di fotoincisioni, pensate per modificare i kit Heller in plastica. Di Faster 43 mi piace ricordare i transkit della Stratos Olio Fiat in gara al Colline di Romagna, la Kadett C GT/E Conrero, svariate versioni della BMW 535 E28 ottenibili partendo dalla base Gama, oltre alla bella Porsche 935 Momo vincente al giro d’italia, che si ottiene  partendo dal modestissimo Burago, che nonostante sia niente di più che un giocattolino pubblicizzato in quegli anni sulle pagine di Topolino a Lit. 1.500, ha delle linee di carrozzeria corrette ed invidiabili che ben si adattano a spendere qualche soldo e qualche ora per la trasformazione.

Declino e rinascita dei trans kit

Il culmine di questa tipologia di fare modellismo si ha negli anni ’80; il declino, nel corso degli anni ’90, coincide con una maggiore offerta ed un aumento di dettaglio dei montati da parte sia dei produttori industriali che degli artigiani, il tutto legato anche ad una minore disponibilità di tempo libero da parte del modellista. Si preferisce quindi acquistare un qualcosa di preconfezionato che appaga l’occhio piuttosto che sobbarcarsi un lavoro a volte abbastanza impegnativo, che se non supportato da un’adeguata manualità, può portare a dei risultati inferiori rispetto a quelli di una miniatura commerciale. Il fenomeno dei transkit si risveglia a partire dalla seconda metà degli anni 2000, con la diffusione dei modelli da edicola e quindi con una vasta disponibilità di basi economiche e semplici che ben si prestano al lavoro di dettaglio.  Nel nostro possiamo citare nomi come Modellismo 90 ed Arena Modelli, che propongono vari kit di conversione soprattutto per auto da rally. Da non dimenticare Autoparco, specializzato nel settore delle forze dell’ordine italiane ma con alcuni set di accessori adatti anche per le automobiline civili, quali per esempio le fotoincisioni per le versioni a scudo largo dell’Alfetta berlina o il transkit per ricavare la Tipo DGT su base Burago.   

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